LETTERA "A"

Glossario Sanscrito Fondamentale Enciclopedico

 

A: 1. primo suono dell'alfabeto sanscrito; morfologicamente, come prefisso, ha valore privativo e significa non, come in non-violenza (mentre la vocale lunga a ha valore positivo e aggiuntivo).

 2. prima lettera (A-matra / Omkara) della sacra sillaba Om (Aum): rappresenta la totalità dell'esistenza nel suo stato di manifestazione grossolana, simbolo dello stato di veglia (cfr. Mandukya Upanishad, IX).

 

Abbandono: è un'importante caratteristica del vero yogin, cioè di colui che pratica il karma-yoga o "Yoga dell'azione", secondo la Bhagavad-gita. Questo testo distingue l'atteggiamento dell'Abbandono da quello della paura e semplice rinuncia ad agire (samnyasa), caratterizzandolo come una rinuncia, che presuppone il distacco ascetico (vairagya), ai frutti che inevitabilmente l'azione porta con sé. L'azione quindi deve essere compiuta, ma, nel medesimo tempo, deve essere intesa come un atto sacrificale, deve avere come solo scopo il bene di tutte le creature e deve essere "deposta" come un'offerta al signore Krsna. La Bagavad-gita considera infatti l'abbandono del frutto delle azioni superiore anche alla contemplazione. Vedi anche tyaga.

 

Abhava: senza qualità; principio del non esistere.

 

Abhava-Yoga: "Yoga dell'assenza". E' la prima delle due varietà di Yoga di cui parla il capitolo conclusivo dell'Isvara-gita (Canto del Signore Siva), che così lo definisce: "Quello in cui si fa oggetto di attenzione la propria forma come un vuoto, privo di qualsiasi apparenza, questo è detto Abhava-Yoga, mediante il quale si ha davanti agli occhi l'atman".

 

Abhaya: "assenza di paura", "libertà dalla paura", "sicurezza"; virtù del carattere di natura divina (cfr. Bhagavad-gita XVI.1). E' l'ultimo dei dodici yama o "osservanze" (il primo degli otto elementi costitutivi dello Yoga classico) secondo l'Uddhava-gita (Il canto [divino] rivolto ad Uddhava) e indica la condizione di perfetta quiete che deriva dalla consapevolezza della verità. E' anche un importante dono della divinità, che garantisce al proprio devoto questa perfetta condizione priva di ogni turbamento. Vedi anche Abhaya-mudra.

 

Abhaya-mudra: "gesto dell'assenza di paura". Nome di una delle più importanti mudra, gesti o atteggiamenti raffigurati nelle immagini divine e usati anche nel culto delle medesime (per esempio, nel culto di Siva). 

 

Abheda: non-distinto.

 

Abhidharma: "Dharma supremo", cioè "suprema verità", o "metafisica". E' illustrato nella parte più dottrinale e teorica dell'insegnamento buddhista, quello riguardante la prajna o "sapienza", alla quale sono dedicate la terza parte del canone pali (Abhidhamma-pitaka) e numerose altre opere in sanscrito. Secondo Vasubandhu, celebre filosofo buddhista del IV secolo d.C., dalla conoscenza dell'Abhidharma possono derivare gli stessi risultati che la pratica yoghica garantisce.

 

Abhidheya: viaggio consapevole (cfr. Sambandha: acquisire la conoscenza relativa alla nostra con gli altri, col mondo, con l'assoluto; Abhidheya:acquisire e comprendere i mezzi che servono per questo viaggio; Prayojana: comprendere lo scopo del viaggio e innamorarsene).

 

Abhidhiya: mancanza di vendetta, avidità e vana gloria.

 

Abhinavagupta: grande maestro del tantrismo e, in particolare dello sivaismo del Kashmir, vissuto fra il X e XI secolo d.C., che è considerato uno dei massimi pensatori dell'India.   

Fra le molte sue opere si segnalano un commento alla Bagavad-gita intitolato Bhagavadgitartha-samgraha (Esposizione sommaria del significato della Bagavad-gita), il Paratrimsikavivarana (Commento alla "Trentina della Suprema", che fa parte di un importante Tantra della scuola Trika) e il voluminoso trattato Tantraloka (La luce dei Tantra), che si propone di esporre "la verità sui Tantra, secondo la logica e la tradizione", in modo che i fedeli, guidati da questa luce, possano orientarsi nel complesso rituale del tantrismo.

 

Abhivesha: ferma dedizione a un determinato proposito. E' uno dei cinque klesa o "afflizioni" descritti negli Yoga-sutra, e precisamente l'attaccamento alla vita o il timore della morte che sin dalla nascita è insito nella natura di ogni essere vivente ed è profondamente radicato nella mente dello stolto come di quella del saggio. Giacché non sarebbe possibile temere qualcosa di cui non sia ha l'esperienza, l'abhinivesha secondo il commento di Vyasa agli Yoga-sutra, è frutto delle impressioni latenti derivate dall'esperienza della morte nelle vite passate.

 

Abhiseka: lavacro rituale mediante aspersione o unzione.  

Con questo termine si designa sia la complessa cerimonia con la quale venivano consacrati i re e i ministri, comportante anche il bagno e l'unzione rituali, sia, nel rituale ancora oggi in uso, l'atto con cui si versano sulle statue sacre, e specialmente sul linga, acqua, latte, e sostanze profumate. In una forma particolare di Yoga tantrico shakta, appartenente cioé a quella corrente hindu che venera la Divinità suprema principalmente come Shakti, la Divina Madre dell'Universo, otto forme di abhiseka segnano le otto tappe del cammino spirituale delo yogin fino a divenire un jvanmukta, un "liberato vivente" e raggiunge lo stato supremo di parama-hamsa.

 

Abhyasa: studio e pratica costante di un metodo, di una tecnica o di una disciplina. Requisito essenziale nella disciplina dello Yoga (cfr. Bhagavadgita VI.35). [Yoga Sutra, Samadhi-Pada:

I. 12 - Il controllo mentale si sffettua grazie all' abhyasa (esercizio) e al vairagya (disaffezione).
I. 13 - L'abhyasa è lo sforzo persistente per dominare e controllare le diverse attività mentali.
I. 14 - Dopo una lotta lunga e ininterrotta, l'abhyasa, se applicato con scrupolo e devozione, diventerà un'abitudine, un modus vivendi.
I. 15 - Il vairagya è lo stato in cui si riesce a superare il desiderio delle cose e degli oggetti materiali.
I. 16 - Il vairagya assoluto deriva dalla consapevolezza del sé.].

La Hathayoga-pradipika afferma espressamente che il successo nello Yoga si ottiene soltanto con la pratica, non per mezzo di discorsi o di una mera conoscenza teorica. 

 

Acamana: è nel culto tantrico, un atto di purificazione simbolica del corpo che consiste nel sorseggiare dell'acqua dalla palma della mano, con le labbra accostate al polso e le dita rivolte verso l'alto, e nell'aspergere con essa alcune membra. 

Tale purificazione riguarda non solo il corpo "grossolano" o fisico (sthula-sarira), ma anche quello "sottile" (suksma o linga-sarira) e quello "causale" ([maha]-karana-sarira).

 

Acara: Nel tantrismo indica una condotta virtuosa, retto comportamento, regola di vita, che rappresenta il livello di perfezione raggiunto da un certo tipo di sadhaka o adepto. Il Kularnava-tantra ne elenca sette: 1) vedacara, la via dei Veda; 2) vaisnavacara, la via del devoto di Visnu; 3) saivacara, la via del devoto di Shiva; 4) daksinacara, la via favorevole; 5) vamacara, la via avversa; 6) siddhantacara (o aghoracara o yogacara, la via del fine compiuto; 7) kaulacara, la via del nobile devoto. I primi tre acara riguardano la condizione del devoto come "animale domestico" pasu-bhava, il quarto e il quinto la condizione di eroe vira-bhava e gli ultimi due la condizione divina divya-bhava.   

 

Acarya: guru, ‘maestro, guida, precettore spirituale’, anche fondatore di una scuola di pensiero o di una   

Sampradaya; il termine, derivante dal sostantivo acara, significa ‘colui che si conforma al retto comportamento’ e designa l’autentico Maestro spirituale.

 

Acarya-sevana/ acarya-upasana: "servizio del maestro". Elencato dall'Uddhavana-gita (Il canto [divino] rivolto ad Uddhava) fra i dieci niyama o "osservanze" dello Yoga, consiste in un atteggiamento non solo di servizio vero e proprio (seva), ma anche di venerazione (upasana) del maestro (guru, acarya), la cui figura riveste una notevole importanza in tutte le scuole di Yoga.

 

Achala: immobile, inamovibile.

  

Acintya-bhedabheda-tattva: dottrina della inconcepibile (acintya) differenza (bheda) e non differenza (abheda) fra Dio, il creato e le Sue creature, i costituenti della Verità (tattva).  

Trattasi del sistema di pensiero sorto a cavallo tra il XV e il XVI sec. sulla base degli insegnamenti di Caitanya, caratterizzato dall’armoniosa sintesi degli impianti teoretici che avevano fino a quel periodo maggiormente influenzato la filosofia indiana, in particolare quello di Shankara (Monismo indifferenziato) e quello di Madhva (Dualismo caratterizzante).

 

Acit: lett. ‘privo di coscienza’.

 

Acqua: Vedi ambhas, apas.

 

Acyuta: ‘infallibile’. Epiteto di Krsna.

 

Adarsa: visione dello spirito, specchio della mente. 

 

Adarsana: "non visione". Si contrappone a darsana, "visione", intesa come capacità dell'anima (purusa) di conoscere la natura (prakrti) e di riconoscersi diversa da essa come pura coscienza. Nello Yoga-darsana adarsana è quindi sinonimo di ignoranza, causa del legame tra purusa e prakrti. La sua distruzione provoca il venir meno di tale legame e quindi la liberazione.

 

Adhara: supporto, sostegno, fondamento, origine, base. Goraksanatha (sec. XI-XII), il celebre maestro dello hatha-yoga, enumera sedici adhara situati in vari punti del corpo umano, dalla punta dell'alluce alla sommità del capo. Essi sono: 1)le dita dei piedi, 2)le caviglie, 3) le ginocchia, 4) le cosce, 5) il perineo, 6) il membro virile, 7) l'ombelico, 8) il cuore, 9) il collo, 10) la gola, 11) la lingua, 12) il naso, 13) lo spazio fra le sopracciglia, 14) la fronte, 15) la testa, e 16) la cosiddetta "apertura di Brahma" (brahma-randhra). Si tratta di punti principali concentrandosi sui quali, grazie a una serie di precisi collegamenti, lo yogin può acquisire un assoluto controllo sulle più importanti funzioni vitali e psichiche. La Hathayoga-pradipika aggiunge aggiunge che gli adhara sono controllati dal vishuddha-chakra o "centro puro", collocato all'altezza della gola.

 

Adharma: disordine, squilibrio, assenza di armonia, squilibrio, il contrario di Dharma e la sua crescita si accompagna al progressivo decadimento della legge morale nelle quattro ere cosmiche (yuga). L'uomo-Dio Krsna afferma nella Bagavad-gita che ogni volta che si verifica un declino del dharma e una crescita del''adharma egli genera se stesso nel mondo (è questa la dottrina delle "discese divine.  o avatara), per proteggere i buoni, distruggere i malvagi e ristabilire così il giusto "ordine" nell'universo. 

 

Adheya: ciò che ha una base o che è sostenuto; la creazione, il mondo manifesto.

 

Adhibhautika, adhidaivika, adhyatmika: i tre fondamentali livelli di comprensione della Realtà elaborati dalla filosofia indiana:

1. adhibhautika: il piano terrestre, quello degli elementi fisici primari, più facilmente accessibile agli esseri incarnati.

2. adhidaivika: riguarda i deva, il cosmo e la cosmogonia, l'influenza dell'atmosfera, i pianeti e la creazione dell'universo; che trascende la comune esperienza, soprannaturale. 

3. adhyatmika: attiene al piano più elevato, quello spirituale, alla nitya-svarupa dell'atman e all’ontologia dell’Essere Supremo.

 

Adhikara: sono, nello Yoga tantrico,  i diritti-doveri o le qualificazioni spirituali, le competenze, le idoneità acquisite dal discepolo (sisya) di mantra-yoga (lo Yoga delle formule magiche) a mano a mano che egli progredisce sulla via della realizzazione (sadhana) sotto la guida del suo guru. Sono tradizionalmente in numero di sette, e precisamente: 1) diksa o iniziazione, con cui il maestro insegna al discepolo il mantra o formula segreta di preghiera; 2) mahadiksa o grande iniziazione, con cui il maestro introduce il discepolo agli aspetti pratici (kriya) dello Yoga impegnandolo con voti; 3) purascarana, che comporta l'attingimento del perfetto controllo del mantra (mantra-siddhi) da parte del praticante o sadhaka; 4) mahapurascarana, simile al precedente, ma eseguito con un rituale particolare; 5) abhiseka o consacrazione, con cui il maestro guida il discepolo nell'apprendimento delle procedure segrete della realizzazione o sadhana; 6) mahabhiseka o grande consacrazione, nota anche col nome di purnabhiseka o consacrazione completa, con cui il discepolo viene assimilato al maestro; 7) tadbhava o "diventare quello", con cui il sadhaka consegue l'unione con la propria divinità d'elezione (istadevata); questa apre le porte alla realizzazione del mahabhava o "grande condizione", cioè del samadhi.

 

Adhikarin: lett. ‘provvisto di adhikara’, il termine si riferisce specificamente a coloro i quali si sono qualificati per la consacrazione (diksha) alla vita spirituale; chi si occupa dello studio della verità.

 

Adhikarana: topica che si compone di quattro parti o tipi di argomentazioni:

1- Vishaya o tesi;

2- Samshaya o dubbio;

3- Purvapaksha o antitesi,

4- Siddhanta o conclusione.

 

Adho-mukha-vrksa-asana: "posizione dell'albero rovesciato" o posizione verticale sulle braccia: asana dello hatha-yoga appartenente alla categoria delle posizioni capovolte. E' detto anche hasta-asana (posizione sulle mani).    

 

Adhyaya: lett. "lettura". Capitoli, sezioni di cui si compongono numerose opere in lingua sanscrita.

 

Adhyatma-upanisad: l'upanisad che riguarda lo spirito supremo. Vedi Yoga-sastra.

 

Adhyatma-Yoga: espressione che significa "unione con l'Essere supremo", o "lo Yoga che riguarda il Sé assoluto". Ricorre per la prima volta nella Katha-upanisad ed è usata nello Yogavasistha (Gli insegnamenti di Vasistha sullo Yoga) per indicare una forma di Yoga non-dualista (advaita), il cui obiettivo è il conseguimento dell'esperienza spirituale dell'Uno che tutto abbraccia e comprende. All'adhyatma-Yoga fa riferimento anche l'insegnamento di maestri contemporanei come Hari Prasad Shastri.

 

Adinatha: "il signore primevo". Epiteto col quale viene venerato il dio Siva dagli adepti dello Hatha-Yoga, in particolare dai cosiddetti natha-yogin, detti anche kanphata-yogin, che si rifanno agli insegnamenti di Goraksanatha. Siva come Adinatha, è considerato il primo fra tutti gli yogin, ed è raffigurato immerso in profonda meditazione sulla cima del monte Kaliasa, che è la sua abituale dimora.   

 

Aditi: dea-madre degli aditya. Senza limiti, infinito, principio della creazione primordiale.

 

Aditya: i dodici deva ‘figli di Aditi’. Sole.

 

Adorazione: pratica nei confronti di una divinità personale che costituisce uno dei niyama od "osservanze" dello Yoga. Vedi arcana, isvara-pranidhana, puja.

 

Advaita: "non dualità". Vocabolo con cui si allude all'unità ultima dell'Essere e della realtà, usato presso le diverse scuole di Yoga come sinonimo di samadhi, il perfetto raccoglimento (chiamato "enstàsi" da Mircea Eliade) che costituisce il fine e la meta ultima di ogni disciplina Yoga.

 

Advaita-vedanta: sistema filosofico codificato da Gaudapada e Shankara che comprende un fascio di scuole. Il significato letterale è "la conclusione cui tende il verbo sacro" (vedanta) secondo il punto di vista che rifiuta la dualità (a-dvaita). Propone una visione monistica (advaita significa appunto ‘non duale’) della Verità ultima esposta nel Veda, per cui Brahman e Atman s’identificano nell’assoluto senza distinzione alcuna. Nell'ambito dell'advaita si possono comprendere almeno tre orientamenti in larga parte divergenti tra loro. Tutti e tre si contrappongono però solidamente ad altri due indirizzi, il primo che accetta la dualità a fianco della non dualità, il secondo marcatamente dualista. La non dualità di cui si tratta è quella che secondo le scuole avversarie opporrebbe il soggetto (purusa) e l'oggetto (prakrti), principio cosciente individuale (jiva) e universale (atman), devoto (pasu) e divinità (pati) e simili. Ma quel che soprattutto preme all'advaita è negare una supposta dualità che intercorrebbe tra fondamento cosmico (Brahman) e fondamento personale (atman) dell'essere. I tre orientamenti di cui sopra possono brevemente essere individuati nel modo che segue. Il più radicale è quello noto come "non-dualismo assoluto", laddove la corrente teistica, che sposta il centro dell'interesse da un assoluto impersonale a una divinità personale, prende il nome di "non dualismo qualificato". Il terzo indirizzo concede sempre maggiore spazio alla devozione (bhakti) e si autodefinisce "non dualismo puro". I maestri principali sono rispettivamente Sankara (788-822?), Ramanuja (1017-1137) e Vallabha (1473-1531). La non-dualità che dà il nome al sistema è poi, per l'orientamento che fa capo a Sankara, principalmente quella che intercorre tra la divinità (Isvara) e il principio cosciente individuale (jiva). I due invece sono distinti per Ramanuja, il quale giunge anche a postulare l'esistenza di una terza entità fondamentale, la componente "priva di coscienza".

 

Aforismi dello Yoga: vedi Yoga-sutra.

 

Agama: 1) "testimonianza autorevole" o "percezione verbale". E', insieme con la percezione (pratyaksa) e l'inferenza (anumana), uno dei tre tipi di "conoscenza valida" o "percezione reale" (pramana), che, secondo gli Yoga-sutra, costituiscono la prima delle cinque "funzioni mentali" (citta vrtti). Un oggetto percepito, o dedotto da una persona esperta, è descritto con parole allo scopo di trasferire a un altro la conoscenza dell'oggetto stesso. La modificazione mentale che ha per suo ambito il significato delle parole è la percezione verbale di chi ascolta. Quando colui che parla non ha né percepito né dedotto e parla di cose che non si possono accettare, l'autorità della percezione verbale viene meno.

2) "ciò che è pervenuto (attraverso la tradizione)". Nella triplice ripartizione dei testi tantrici, gli agama sono quelli più direttamente legati alla tradizione Sivaita (sono infatti chiamati anche Siva-tantra).I principali agama sono ventotto, dieci dei quali sono detti saiva e diciotto rauda, ma ve ne sono numerosi secondari o upagama. E' impossibile determinare con precisione la data della loro redazione, che è continuata ininterrottamente fino ad oggi, ma i più antichi risalgono probabilmente ai primi secoli d.C. Il tema centrale degli agama è il rituale esaminato in tutta la sua complessità. Contengono inoltre norme dettagliate per il culto e la costruzione dei templi e delle immagini sacre ed esposizioni dottrinali, mitologiche e relative alla pratica Yoga. Vi sono anche agama buddhisti e jaina.

 

Agama-Vijnana: negli Yoga-sutra questo termine indica la conoscenza basata sulla testimonianza delle scritture vediche.  

 

Agamin: ciò che deve avvenire, futuro, incombente.

 

Agamikarma: lett. ‘azione futura’. Secondo il Vedanta uno dei tre tipi di karma (prarabdhakarma e samcitakarma gli altri due) che rappresenta l’effetto dell’azione eventualmente compiuta in futuro, effetto che può maturare e produrre frutto. L’agamikarma

è dunque evitabile e, analogamente al samcitakarma (frutto delle azioni passate non ancora giunto a maturazione), può essere distrutto.

 

Aghori: classe di asceti sivaiti conosciuti anche come aghorapanthin. Il nome di aghora significa "non terrifico": è formato infatti da a privativo e ghora (terribile). Aghora è un epiteto eufemistico di Siva e l'aghorapanthin è colui che segue la via di Siva in questa forma.

 

Agneya-snana: "bagno di fuoco". Pratica tantrica per purificare il corpo, che consiste nel cospargersi e strofinarsi con la cenere dei sacrifici. Vedi anche kaya-suddhi, snana.

 

Agneyi-dharana: "concentrazione sul fuoco". E' la concentrazione (dharana) sul fuoco (agni) in quanto elemento cosmico (tattva) ed è la terza fase della "quintuplice concentrazione" (panca-dharana) descritta in taluni testi di Yoga, quali la Gheranda-samhita e la Yogatattva-upanisad.

 

Agni: il fuoco (cfr. latino ignis) e il deva del fuoco, attraverso la cui bocca vengono consumate le offerte del sacrificio, accompagnate dalla triplice ripetizione del termine svaha (oblazione).

 

Agnihotra: 'sacrificio del fuoco' giornaliero, noto anche come Trinaciketa perchè rivelato a Naciketa da Yamaraja. Tale particolare Agnihotra rientra nei doveri basilari dell’alunnato religioso e si compie tre volte al giorno: all’alba, a mezzogiorno e al tramonto.

 

Agni Purana: ‘il Purana di Agni’, uno dei principali ‘racconti antichi’.

 

Agnishtoma: lett. ‘inno di lode ad Agni’. Sacrificio solenne in cui viene offerto il soma; si protrae per cinque giorni ed è accompagnato dalla recitazione di dodici inni.

 

Aham: "Io". Pronome personale, prima persona singolare.

 

Ahamkara: lett. ‘senso dell'io', autocoscienza, egoismo. Nella filosofia indovedica, falsa percezione che, nello stato di coscienza condizionata, l’essere (atman) ha di se stesso e sua conseguente identificazione con il corpo sottile (sukshmasharira) e grossolano (sthulasharira).

 

Ahara: nutrire corpo e mente.

 

Ahimsa: 'non violenza’. Nella psicologia dello Yoga, uno dei cinque fondamenti di yama. Precetto tipico del Jainismo, il non nuocere a nessun essere vivente rappresenta uno dei principi cardine di tutte le correnti filosofiche indovediche, una virtù nata dalla consapevolezza che ogni creatura ha diritto alla vita, indipendentemente dal corpo di materia entro cui si trova confinata (da ciò la rigorosa pratica del vegetarismo). Il termine indica anche una virtù del carattere di natura divina (cfr. Bhagavadgita XVI.2).

 

Aidha: lett. 'fiamma'.

 

Airavata: l’elefante di Indra.

 

Ajnana: chi non ha la saggezza divina e la percezione spirituale.

 

Akarma: azione perfetta, trascendente, spirituale che, fondata sulla sapienza, non è più soggetta al karma-phala e non coinvolge più alla prakrti. In un’accezione più debole, anche se etimologicamente più fedele, la ‘non azione’ o la passività (cfr. Bhagavadgita IV.17-18).

 

Akanda nama sankirtan: canto ininterrotto del Nome Divino.

 

Akarmin: colui che, di natura tamasica, non agisce, è passivo e inerte.

 

Akasha: nel Samkhya l’elemento spazio/etere, etere universale che pervade l'intero universo, altrimenti definito kha (cfr. Bhagavadgita VII.4; VII.8).

 

Akhanda: non diviso, totale. Satchitandanda, conoscenza della "esistenza", beatutudine assoluta che si raggiunge durante il samadhi.

  

Aklishta: ‘che non è causa di afflizione’.

 

Akshara: ‘indefettibile, inalterabile, indistruttibile’, epiteto sia dell’essere individuale che dell’Essere supremo (cfr. Bhagavadgita XV.16). Il termine ha valore anche di lettera o ‘sillaba’, in particolare la sacra unione di lettere AUM (cfr. Bhagavadgita X.25).

 

Alambana: contemplare oggetti esterni.

 

Alamkara: ornamento.

 

Alaya: dimora, residenza, tempio.

 

Amala: libero da impurità, senza macchia, immacolato.

 

Ambara: cerchio.

  

Amrta: nettare dei deva.

 

Amrtatvam: l’immortalità.

 

Anahata: quarto cakra. Si trova nel sushumna, nella zona del cuore.

 

Ananda: assoluta beatitudine.

 

Anartha: tradizionalmente considerati come i più veri nemici dell'uomo, i sei anartha, 'ostacoli (an-) [alla realizzazione dello] scopo (artha)' sono: kama (cupidigia, desiderio, lussuria), krodha (ira, rancore), lobha (avidità), moha (illusione, smarrimento), mada (superbia) e matsarya (invidia). Il termine indica anche ciò che è privo di scopo, significato, finalità.

 

Anashakti: distacco dagli oggetti dei sensi.

 

Antahkarana: lett. ‘organo interno mentale che comprende la facoltà di determinare il principio di autocoscienza’, la “mente” nella sua estensione totale, composta da: manas (mente empirica selettiva), citta (deposito delle tendenze subconscie e superconscie), buddhi (intelletto) e ahamkara (senso dell’io).

 

Antaranga-shakti: composto da antar 'interiore, interno' (cfr. latino inter) e anga 'membro, parte, corpo', il termine indica l'energia interna di Ishvara.

 

Antariksha: spazi intermedi all’interno del mondo fenomenico, affollati da un gran numero di anime che, ormai prive del corpo fisico, viaggiano con quello sottile.

 

Antaryamin: lett. 'Controllore, Ordinatore, Custode interno', sinonimo di Paramatman ed epiteto di Vishnu.

 

Anubhava: realizzazione; l’esperienza realizzativa che supera i limiti della percezione sensoriale e che si compie in virtù dell’intuizione mistica. Per suo tramite diventa possibile la percezione diretta del Divino.

 

Anuloma: ‘regolare, secondo natura’, contrario di pratiloma. Secondo la letteratura Smrti, modello di matrimonio in cui la donna appartiene ad un ceto sociale inferiore a quello del marito.

 

Anumana: anu 'secondo'; manas 'mente'; quindi 'inferenza, deduzione logica'.

 

Apana: una delle cinque manifestazioni del prana. Correnti nervose che governano gli organi di secrezione.

 

Aparapratyaksha: percezione interiore che trascende i sensi.

 

Aparavidya: conoscenza superficiale o esteriore contrapposta a quella interiore.

 

Apas: elemento acqua.

 

Apaurusheya: lett. ‘di origine non umana’. Il termine, che si riferisce alla realtà propria della dimensione metafisica, designa tradizionalmente la letteratura rivelata (Sruti).

 

Apsaras: fanciulle celesti dotate di straordinaria bellezza.

 

Apta: chi raggiunge l'illuminazione.

 

Apura: merito.

 

Apurva: lett. 'non primo'. Il termine si riferisce alla causa remota di un'azione. E' l’azione fruttuosa per eccellenza, il risultato dello yajna, le dinamiche salvifiche che da esso scaturiscono.

 

Aranyaka: i ‘testi silvani’ utilizzati dagli eremiti che si dedicavano, nella foresta, ad una vita di rigorosa ascesi, rinuncia e meditazione, per contemplare il sé e realizzare l’Assoluto.

 

Ardra: umido.

 

Arjava: onestà.

 

Arjavam: sincerità e intenzione retta.

 

Arjuna: terzogenito dei principi Pandava. Attraverso di lui si manifesta il volere di Vishnu, incarnato in Krishna, dal quale riceve la rivelazione della Bhagavadgita.

 

Arseya: venerabile.

  

Arhat: ‘venerabile’; nella Tradizione Bauddha, epiteto che designa chi si è liberato dai legami della rinascita.

 

Artha-shastra: trattato sulle finalità esistenziali e politiche dell'uomo.

 

Arupa: privo di forma.

 

Arya: lett. 'nobile'. Il nome della civiltà e, per estensione, quello dei suoi componenti e della sua lingua, che affonda le proprie radici nei valori espressi dai Veda. Tale termine, pur significando che la nobiltà della famiglia, si riferisce principalmente alla bontà, all’onestà, alla rettitudine, cioè alla nobiltà d’animo che doveva contraddistinguere i membri della società indovedica (cfr. Bhagavadgita II.2).

 

Asamprajnata: estrema consapevolezza trascendente. Asamprajnata Samadhi è lo stadio successivo al Samprajnata Samadhiin cui non c'è nessuna attività mentale come ragionamento, ecc. Alcune tracce di Samskara, o impressioni, persistono. 

[Yoga Sutra, Samadhi-Pada: 

1.18 La consapevolezza - conoscenza - intuitiva senza seme (asamprajnata), si produce, quando dopo lunga pratica (abhyasa) si sono eliminati (virama) i meccanismi, i contenuti del mentale (pratyaya), ma la mente conserva le traccie del passato (samskarashesa, residui inconsci)].

 

Asana: ‘postura, posizione fisica’. Terza fase dell’ashtanga-yoga relativa alle posture con le quali educare il corpo nel suo insieme in maniera propedeutica alle altre fasi che si succedono nella progressione verso la concentrazione e il samadhi.

 

Asat: non essere e non esistere.

 

Asha: speranza.

 

Ashrama: 1. Dimora di chi è dedito alla realizzazione spirituale.

2. I quattro stadi della vita umana, cfr. Varnashrama.

 

Ashtanga-yoga: lett. 'le otto (ashta) fasi (anga) dello yoga'. Definizione tratta direttamente dagli Yoga-sutra (II.29) di Patanjali, dove l'autore sistematizza la disciplina dello yoga. Anga significa anche 'membro' perché questo sistema di yoga è come un corpo formato da otto membra, qualcosa di organico che non si può separare: non è possibile per lo studente raggiungere la realizzazione ultima, il samadhi, se non si attiene organicamente a tutti gli otto anga. Le otto fasi dello Yoga sono: yama (astensioni), niyama (prescrizioni), asana (posizioni fisiche propedeutiche alle tappe successive), pranayama (gestione del respiro), pratyahara (ritrazione dei sensi dagli oggetti e loro canalizzazione verso il sé), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione) e samadhi (assorbimento nella Realtà). L'Ashtanga-yoga è noto anche come raja-yoga.

 

Ashvamedha-yajna: lett. 'sacrificio del cavallo’, è uno dei principali riti prescritti dai testi della Sruti. Tale rito consisteva essenzialmente nel proteggere, per la durata di un anno, il libero errare di un cavallo sacrificale, al quale dovevano rendere omaggio le genti nel cui territorio si trovava a passare.

 

Ashvatta: albero baniano, conosciuto anche come pippala. Simbolo del samsara (cfr. Bhagavadgita XV.15).

 

Ashvin: coppia di gemelli celesti, medici dei deva. Sono caratterizzati da traordinaria bellezza e luminosità. Il termine Ashvin significa 'cavaliere', infatti essi traversano il cielo su un aureo cocchio, precedendo l'Aurora.

 

Asti: essere.

 

Astika: le scuole filosofiche della civiltà indovedica sono ripartibili in due grandi categorie, rispettivamente note come astika 'ortodosse' e nastika 'eterodosse'. In generale questi due termini significano rispettivamente teistico e ateo, mentre, nel linguaggio filosofico, astika sta ad indicare chi riconosce l’autorità dei Veda e segue i loro insegnamenti. Ne sono esempio la Mimamsa e la Vaisheshika che, fondando la loro dottrina sull'autorità dei Veda, sono annoverate fra le scuole astika senza che vi compaia la figura di Dio creatore. Il termine nastika, viceversa, sta soprattutto ad indicare il rifiuto dell’autorità dei Veda. Il gruppo astika comprende i sei principali sistemi filosofici Nyaya, Vaisheshika, Samkhya, Yoga, Uttara e Purva Mimamsa (shddarshana). Il secondo gruppo, quello nastika, comprende i tre sistemi filosofici denominati Carvaka, Bauddha e Jaina.

  

Asura: lett. 'ottenebrati'; spiriti delle tenebre violatori dell'armonia universale, eternamene in conflitto con i 'luminosi' deva, detti anche sura, preposti dal Supremo al mantenimento del cosmo. Il termine si riferisce anche alle persone di natura demoniaca.

 

Asvada: potere di gustare spiritualmente.

 

Atharvaveda: lett. ‘Sapienza rivelata in formule magiche’, è l’ultima delle quattro Veda-samhita.

 

Atikranta-Chavaniya: meditazione che porta all'estasi o samadhi.

 

Atman: lett. 'sé, anima, vita'. Termine centrale nella speculazione filosofica indiana, utilizzato per designare l’essere spirituale infinitesimale o anche il Brahman supremo. Talvolta indica l’apparato psicofisico.

 

Audarya: lett. 'nobiltà'.

 

Avarana: involucri esteriori della mente.

 

Avatara: lett. ‘discesa divina’. Il termine si riferisce alle svariate manifestazioni di Dio, Vishnu-Krishna, che discendono nel mondo al fine di preservare gli eterni princìpi del Dharma.

 

Avidya: ‘ignoranza’. Secondo i sutra di Patanjali sullo Yoga, principale fonte di condizionamento e causa scatenante degli altri klesha.

 

Avyaktam: situazione indifferenziata della natura, Prakriti, prima di manifestarsi.

 

Ayuh (Ayur nei composti): vita, salute, longevità. Il termine indica anche la qualità della vita, conseguente alla maturazione del karma individuale.

 

Ayurveda: antica scienza medica (lett. ‘sapienza della vita’ o della salute’) che trae le proprie conoscenze metodologiche dall’Atharva-veda. I testi ayurvedici più importanti sono la Carakasamhita di Caraka e la Sushrutasamhita di Sushruta. Fa parte degli Upaveda.